Al galoppo sul Conero tra ginestre e vigne

Lo avverto sempre un attimo prima.
Un leggero fremito anticipa il poderoso rilascio di energia dei posteriori che spingono e balzano avanti. Non è il modo migliore per assaporare un territorio, lo so, ma partire al galoppo ha quel tanto di liberatorio per me e di istinto naturale per lui da farne l’andatura più entusiasmante e una scommessa sulla fiducia reciproca. Perché bisogna affidarsi l’una all’altro in quei minuti in cui i filari corrono via velocissimi, nel naso l’odore delle ginestre e della sua criniera, pregando che non scappi fuori un fagiano dal campo di erba medica o che dietro la curva dopo le cave non ci siano i due turisti con la piccozza, come l’altra volta..
Poi rallento.

 


In sella al mio cavallo liberare quell’energia è un fatto naturale, come pure imparare la lentezza …

In sella alla sua groppa sudata ho scoperto la mia terra nei colori delle diverse stagioni. La città è lontana, anche se a pochi minuti. Sulla campagna del Conero dimentico le strade, le auto, il lavoro, gli impegni.
Ancona è lontana, ma è qui. Dentro le aperture improvvise sul mare, i campi lavorati a cui portare rispetto, il verde del grano che diventa oro, la pietra delle case, i fiori di senape, l’odore di liquirizia dell’elicriso, le ginestre prima che si schiudono, tutti i colori delle viti, i boschi e gli ulivi, gli stradelli lungo i torrenti e sotto l’autostrada.
Ancona è qui nella sua dimensione di confine: il capoluogo si fa Conero, lo spazio è condiviso con altri comuni, il dialetto dei miei compagni di escursione si mescola.
Ancona diventa un’area dei “paesi limitrofi” che da Sirolo arriva a Osimo, un’area  metropolitana delle passioni comuni, cucita insieme dagli stradelli dove passano i cavalli.
Attraverso lenta questa terra, sia quando in autunno tutto è un po’ bigio e fangoso e gli zoccoli scivolano e tutta la tavolozza della terra e delle foglie si manifesta nel giallo, nell’ocra. Sia quando la luce radente e ferma di fine
giugno la illumina morbida, sia quando nelle fredde domeniche invernali riusciamo a raggiungere la spiaggia o andiamo su, fino alla vetta del Conero, dove il fiato dei cavalli si mescola alla nebbia del mattino.

a cavallo sul conero
Nelle nostre uscite incontriamo contadini e patiti di stormi in migrazione. Ci salutiamo tutti, in un club immaginario degli sportivi dai mezzi naturali: ciclisti, podisti, golfisti, cavallari. Potrei fare tutto questo in altro luogo? Oh, beh, anche in Brianza si va a cavallo e il cuoio dei finimenti cigola da secoli nel silenzio della Maremma.
Però non ci sarebbero queste colline di girasoli, i ciottoli freschi dei sentieri ombrosi sotto Pian Grande, l’anello della Pecorara pieno di more, i grappoli di rosso che inducono a ipotesi di gradazione anche ai non enologi, i cucuzzoli da presepe come Massignano, Mezzavalle deserta d’inverno, l’unico rumore gli zoccoli sulla spiaggia. Non ci sarebbe tutto questo a pochi passi da un capoluogo di regione.

conero a cavallo