RICETTE DELLA TRADIZIONE

Crema Fritta

La crema fritta è una preparazione tradizionale che viene servita sia come antipasto o contorno  sia come dessert. La crema, che prevede la preparazione di una crema pasticcera fatta rassodare per poi essere impanata e fritta, viene solitamente gustata insieme a un fritto misto composto di olive ascolane, verdura e carne fritta.
Tutte le nonne e i nonni anconetani sanno come prepararla e durante le feste natalizie si adoperano in questa arte culinaria.

Ingredienti:
latte, uova, zucchero, farina, limoni, vanillina
Per l’impanatura e per friggere: pangrattato, uova, olio di semi

Preparazione:
Preparate innanzitutto la crema pasticcera, facendola cuocere bene fino a che avrà una consistenza piuttosto compatta.Versatela, quindi, in una teglia e stendetela in modo che abbia uno spessore di 2 cm circa. Livellate bene la crema con una spatola e poi lasciatela raffreddare in un luogo fresco e asciutto per circa 2 ore. Quando la crema sarà ben fredda, trasferitela su un tagliere e tagliatela a cubetti o a losanghe. Quindi passate ogni pezzetto di crema prima nel pangrattato, poi nell’uovo sbattuto e poi ancora nel pangrattato. Friggete i bocconcini di crema in olio di semi di arachide ben caldo, fino a che saranno dorati. Quindi ponete la crema fritta su della carta assorbente per far perdere l’olio in eccesso e servitela calda.

Erbe Straginate

“Straginate” è un termine dialettale di Ancona che significa in questo caso passate in padella, trascinate.

Le Erbe di campo straginate o “cucina” sono erbe di campo miste (bietole, cicoria, grispigni, spinaci, cime di rapa, ecc…) lessate insieme a una patata e ripassate poi in padella con olio, aglio e peperoncino.

Vengono consumate come antipasto o contorno, magari insieme a del pane bruscato e ogni pranzo completo che si rispetti, ad Ancona, le prevede!

Ingredienti:
Erbe di campo miste 500 g
Patata (media) 1
Olio extravergine d’oliva q.b.
Peperoncino q.b.
Sale
Aglio

Preparazione:
Pulite e lavate bene le erbe di campo, quindi mettetele a cuocere su una pentola con dell’acqua bollente.
Fatele cuocere bene, poi scolatele. Fate soffriggere uno spicchio d’aglio in camicia schiacciato e un peperoncino spezzato, unite le verdure ben scolate e la patata (precedentemente bollita) in parte schiacciata con una forchetta e in parte a tocchetti.
Versate nella padella le erbe e la patata, mescolate a fuoco medio per circa 10 minuti e.. servitele calde!

Pizza di Formaggio

Si chiama pizza ma somiglia più a un panettone salato! Ricetta tipica del periodo di Pasqua che un tempo prescriveva che fossero utilizzate 40 uova (tante quanti i giorni della Quaresima) .

Veniva preparata  il Giovedì o il Venerdì Santo, e secondo l’usanza, non andava assaggiata finché non si “scioglievano le campane”, ovvero al termine del periodo di penitenza della Quaresima.
Si dice che questa ricetta tradizionale abbia avuto origine durante il medioevo dalle monache del monastero di Santa Maria Maddalena di Serra de’ Conti, nell’anconetano.
Le pizze si cuocevano nei forni, prenotati famiglia per famiglia.

Ogni famiglia marchigiana ha la sua ricetta con la sua variante che viene tramandata di generazione in generazione e spesso.. è segreta!

Ingredienti:
4 Uova
150 ml Latte
3 cucchiai Olio extravergine d’oliva
100 g Parmigiano reggiano (grattugiato)
100 g Pecorino grattugiato (Meglio se di fossa)
500 g Farina 00
1 Cubetto Lievito di birra
1 Cucchiaino Sale
1/2 Cucchiaino Zucchero
1/2 Cucchiaino Noce moscata grattugiata
100 g Pecorino fresco (a cubetti)
1 Cucchiaino Pepe nero

Preparazione:
Sbattete le uova in una terrina. Aggiungete il latte e l’olio e mescolate il tutto con una forchetta o con una frusta.
Aggiungete la farina e il lievito di birra (sciolto in latte tiepido).
Mescolate bene gli ingredienti finché l’impasto non risulti liscio e ben amalgamato.
Aggiungere lo zucchero, il pepe e la noce moscata.
Infine, aggiungete il pecorino e il parmigiano grattugiato.
Impastate fino a ottenere una palla liscia ed elastica. Lasciate lievitare per circa un paio d’ore nella ciotola, in un ambiente caldo e umido o nel forno spento con la luce accesa.
Terminate le due ore, o comunque quando l’impasto sarà raddoppiato di volume, versatelo in uno stampo imburrato e infarinato.
Tagliate a cubetti, o listarelle abbastanza grosse, il pecorino fresco e inseriteli verticalmente nell’impasto in più punti.
Lasciate lievitare per un altro paio d’ore, trascorse le quali procedete alla cottura in forno a 180° per circa un’ora.

Vincisgrassi

I Vincisgrassi, tipico piatto anconetano e marchigiano, sono una variante gustosa della pasta al forno o delle lasagne che tutti conosciamo.

Grazie soprattutto al celeberrimo talento in cucina delle nonne italiane, i vincisgrassi sono un punto fermo della cultura culinaria anconetana e marchigiana; un must have di tutte le tavole imbandite a festa nella provincia dorica. Vantano inoltre una storia curiosa che ha radici negli ultimi anni del ‘700.

Nel 1799, infatti, il generale austriaco Windisch Graetz era di stanza nella città di Ancona e, in seguito a una strenua battaglia che lo vide vittorioso sui francesi, venne celebrato con questo piatto innovativo.
Nacquero così, in suo onore, i Vincisgrassi.

Ingredienti per 6 persone:
Per la pasta
350 gr. di farina, 150 gr. di semolino, 4 uova, 30 gr burro, un pizzico di sale, 1 dito di vinsanto

Per il sugo
80 gr. di grasso di prosciutto, 80 gr. di burro, 1 cipolletta, 1 carota, 200 gr. di rigaglie di pollo, 250 gr. di animelle di vitello, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, 200 gr. di polpa di pomodoro, brodo, sale, pepe

Per la besciamella
50 gr. di burro, 50 gr. di farina, 1/2 lt. di latte, sale, pepe, noce moscata

100 gr. di parmigiano grattugiato

Preparate la pasta mescolando tutti gli ingredienti e impastando a lungo e con molta cura. Lasciate riposare l’impasto per una mezz’ora prima di tirarlo in una sfoglia leggera che taglierete a strisce larghe 8-9 cm. e lunghe 12-13 cm. Fatele lessare in una casseruola larga e bassa con abbondante acqua leggermente salata. Sgocciolatele e lasciatele raffreddare stese su di un canovaccio umido.

Fate soffriggere il grasso di prosciutto battuto nel burro con la cipolla e la carota affettate finemente, aggiungete le rigaglie di pollo tagliate a piccolissimi pezzi. Lasciate rosolare, bagnate col vino bianco e, appena sarà evaporato, aggiungete la polpa di pomodoro, sale, pepe e continuate la cottura per una decina di minuti. Unite poi le animelle tagliate a dadini, coprite e lasciate sobbollire per almeno un’ora e 1/2 aggiungendo, se necessario, il brodo.

Preparate la besciamella, mescolando al burro fuso la farina che poi stempererete con il latte caldo (attenzione a non fare grumi!). Salate, pepate e insaporite di noce moscata. Fate sobbollire per 1/4 d’ora, quindi fuori dal fuoco aggiungete qualche cucchiaio di parmigiano grattugiato.

Imburrate una pirofila e disponetevi a strati la pasta, un po’ di besciamella, parmigiano grattugiato, il sugo e qualche fiocchetto di burro, fino a esaurimento degli ingredienti. L’ultimo strato sarà di pasta, parmigiano e abbondante burro fuso. Fate gratinare nel forno e servite!

Paccasassi

Il suo nome scientifico è Crithmum maritimum, ma guai a chiamarlo così, gli anconetani storcerebbero il naso. E sì, perché questo finocchio marino, ad Ancona e dintorni è conosciuto con il nome di paccasasso o spaccasasso.  Un termine dialettale, ma al tempo stesso evocativo delle caratteristiche di questa pianta che cresce spontanea tra le rocce del Conero. Il seme dei paccasassi, trasportato dal vento, infatti, si insinua tra le fenditure degli scogli adiacenti al mare, e lì attecchisce, colorando di un verde meraviglioso la bianca costa del Conero. Il paccasasso, oltre a essere molto gustoso, è ricco in Vitamica C.

I marinai ne facevano scorta nelle loro navi per prevenire malattie come lo scorbuto.

Profondamente radicati nella tradizione culinaria locale, il loro commercio fu molto fiorente nel Vecchio Continente fino alla fine dell’ottocento. Vengono citati anche  da Shakespeare nella sua opera Re Lear del 1600.

La raccolta del Paccasasso selvatico è vietata in tutta la costa del Conero, alcune aziende locali si adoperano per la coltivazione e la successiva vendita sotto forma di conserve sott’olio.

Ciambellò

Il Ciambellone all’anconetana, “ciambellò” in dialetto, è un dolce tipico anconetano che non ricorda nella forma il tipico ciambellone. Ha una forma più schiacciata, è ricco di nutella e profuma di anice. Insomma è buonissimo!

Viene preparato quotidianamente in casa ma rimane tuttora prescelto in occasione di feste familiari, battesimi e cresime. Da accompagnare  con vino dolce, è stato definito “il dolce delle folle”, perché viene consumato sempre in riunioni allegre e rumorose e a conclusione di pranzi e cene conviviali.

Ingredienti:
farina, uova, zucchero, latte, strutto o burro, buccia di limone, lievito, bicarbonato.

Preparazione:
la farina deve essere setacciata e mescolata con il lievito; poi il composto viene impastato con il latte, lo strutto o il burro appena sciolti a parte, le uova sbattute con lo zucchero e una scorzetta di limone. Se ne ottiene una bella pasta gonfia che viene plasmata e sistemata in un recipiente precedentemente imburrato e spolverato di farina. Il composto può a piacere essere farcito con uvetta, canditi, noci e mandorle; poi spennellato con il tuorlo d’uovo e cotto in forno.

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