Palazzi
Palazzo degli Anziani
Era la sede storica delle Magistrature cittadine sin dall’Alto Medioevo e, a partire dall’XI secolo, con la nascita della Repubblica di Ancona, fu il luogo dove si riuniva il Consiglio degli Anziani, da cui prende il nome.
Il Palazzo ha origini antichissime: il primo edificio, secondo la tradizione, fu costruito da Galla Placidia, governatrice dell’impero, nel 425 d.C.
A causa di bombardamenti, invasioni e incendi fu spesso sottoposto a lunghi restauri e ricostruzioni.
Nel 1270, per esempio, fu ristrutturato utilizzando la Pietra Bianca del Conero per i basamenti.
Altra data importante nella vita di questo bellissimo palazzo è il 1348, anno nel quale il Palazzo andò a fuoco. I danni erano così gravi che si decise di ricostruire la sede del Consiglio in un altro luogo: e proprio da questa decisione nacque il Palazzo del Governo.
Dopo successivi restauri, l’edificio rimase sede dell’amministrazione comunale fino al 1947, poi, gravemente danneggiato dalla Seconda Guerra Mondiale, fu necessario trasferire la sede dell’amministrazione cittadina al Palazzo del Popolo.
Riparati i danni della guerra, il Palazzo degli Anziani fu sede della Pinacoteca Civica “F. Podesti” e poi della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Politecnica delle Marche. Con il trasferimento della facoltà alla Caserma Villarey nel 1998, il Palazzo rimase vuoto.
Dopo l’ultimazione dei restauri agli interni, il 21 novembre 2011 il Consiglio Comunale è tornato nuovamente a riunirsi all’interno dell’antico palazzo.
Dal 2014 è attivo un ascensore pubblico gratuito, che porta dalla piazza lato mare alla soprastante piazza Stracca, dove si trova l’ingresso dell’edificio.
Palazzo del Governo
Il Palazzo del Governo, dove oggi c’è la sede della Prefettura, è l’edificio più rappresentativo di Piazza del Plebiscito. Fu edificato nella seconda metà del 1300 quale nuova sede del governo cittadino che abbandonò, così, il più antico Palazzo degli Anziani sul colle Guasco, andato a fuoco nel 1348.
La torre civica, originariamente del XIV secolo, venne riedificata nel 1581.
Nel 1611 venne arricchita dell’orologio, e nel 1806, dotata di un carillon dal maestro orologiaio Antonio Podrini da Sant’Angelo in Vado, caratterizzato da quattro campane che intonano la melodia di Mezzogiorno. A questi gioielli di architettura si aggiunsero le pitture dei soffitti lignei a cassettoni nella camminata nova del palazzo eseguiti da Melozzo da Forlì; i danni subiti per il terremoto del 1690 fecero scomparire gran parte delle originali decorazioni.
Il palazzo fu, dunque, rimaneggiato dopo il 1690, abbassando le coperture e relative gronde, e subì altri lavori nel 1827 come l’apertura di un nuovo accesso da piazza del Plebiscito.
Con l’Unità d’Italia vi venne collocata la sede della prefettura, funzione, come già accennato, che riveste tuttora.
Palazzo del Senato
Nella piazza del Senato, forse l’antico forum della città romana strettamente collegato al limitrofo Anfiteatro, sorge il Palazzo del Senato, già dei Pilestri, edificato nella prima metà del 1200.
Il palazzo venne eretto come sede del Consiglio senatorio nel primo quarto del XIII secolo: più precisamente prima del 3 novembre 1225, quando il Comune cedette la sua antica sede (l’attuale Palazzo Arcivescovile) alla nobile famiglia Cortesi, per trasferirsi nel nuovo e più vasto edificio.
Ripetutamente colpito dai bombardamenti è stato, poi, ampiamente restaurato. La facciata è caratterizzata dal doppio ordine di finestre bifore del primo e del secondo piano con colonnine binate.
La cornice scolpita a tutto sesto costituisce l’ornamento originale mentre le bifore con pilastrino sono frutto dei restauri del 1952.
Oggi, il palazzo è sede della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Marche.
Palazzo Arcivescovile
Di proprietà della famiglia Ferretti del ramo detto del Pozzolongo, dal 1824 è sede dell’Episcopato qui trasferitosi dall’antica sede a fianco della Cattedrale, a causa di movimenti franosi del colle. Il palazzo presenta strutture medievali e rinascimentali unificate in un intervento settecentesco, periodo al quale risalgono le principali strutture e le decorazioni.
Palazzo Jona Millo
Lungo corso Mazzini (già via del Calamo) si può ammirare il superbo Palazzo Jona (originariamente: Moscheni), che si distingue per il magnifico portale e per la pianta a C con ingresso principale in corso Mazzini. Fu progettato inizialmente probabilmente su disegno di Carlo Marchionni che riprese elementi vanvitelliani come:
- l’angolo-cantone curvo con la targa e il festone;
- l’esedra colonnata;
- la conchiglia nelle nicchie dell’androne;
caratterizzandolo con il portale d’ordine dorico principale con bugne a dado affiancato da quattro botteghe per parte e doppie paraste a bugne lisce ai cantonali che svoltano su via Gramsci.
L’atrio introduce una serliana dalla quale si accede allo scalone d’onore e al cortile interno chiuso da un’esedra colonnata.
L’architetto ricevette l’incarico dalla famiglia Millo, governata dal potente cardinale Giovanni Giacomo Millo pro Datario apostolico, suo protettore e avversario del ritorno di Vanvitelli ad Ancona (basti pensare che i lavori del porto, ripresi nel 1756, furono affidati a Carlo Marchionni). I Millo erano originari del Monferrato e scelsero di stabilirsi ad Ancona; nel 1756 Carlo Francesco Millo, nipote del cardinale sposò Angelica Moscheni.
Per Giovanni Giacomo Millo, morto nel 1757, Marchionni progettò il monumento funebre nella chiesa di S. Crisogono a Roma nel 1758, su incarico del nipote il marchese Carlo Francesco Millo: questi, divenuto erede del palazzo di corso Mazzini, lo fece ricostruire tra il 1759 e il 1770.
E’ probabile tuttavia che furono il figlio di Carlo Filippo Marchionni e Francesco Maria Ciaraffoni a seguire i lavori e progettare lo scalone interno. I lavori andarono avanti fino al 1770 data della morte di Carlo Francesco.
Il palazzo fu inoltre decorato da Giuseppe Pallavicini su commissione del marchese Guglielmo Millo, con soggetti di vario tipo dislocati nelle dodici stanze del secondo piano, inclusi i sovrapporta: l’avvio dei lavori è antecedente il 1778 data riportata nell’atto di pagamento. E’ probabile che per la scelta dei soggetti Guglielmo fu consigliato dallo zio paterno Pio Bartolomeo, vero artefice del programma iconografico dove spiccano la Galleria di Amore e Psiche (copia delle raffaellesche Nozze di Amore e Psiche dipinte perAgostino Chigi Nella Loggia di Villa Farnesina a Roma); Allegorie del vincolo matrimoniale; Vita militare; Vita domestica. Passaggio del Mar Rosso; vedute storiche; soggetti mitologici. Il palazzo nel corso del tempo passò alle famiglie Bourbon del Monte e poi Jona.
Palazzo Moroder Costanzi
Palazzo Moroder sorse nel cuore del baluardo di San Pietro, eretto proprio nel XVII secolo. Testimonianza viva ne resta al primo livello del giardino dove si trovano ancora le vestigia di un tratto delle originarie mura.
Momento cruciale per il Palazzo fu la Seconda Guerra Mondiale quando l’edificio, dopo l’8 settembre ’43 ed i bombardamenti sulla città, che portarono allo sfollamento delle famiglie, diede ospitalità prima ai soldati polacchi, a quelli inglesi ed infine ai militi italiani. Nelle cantine del Palazzo Moroder, al civico 14, fu realizzato il Rifugio pubblico di Largo Belvedere n. 14 del Comune di Ancona.
Fu per volontà del Podestà Cavalier Riccardo Moroder, che apparteneva ad una delle famiglie più importanti di Ancona che venne eretto lo stabile con il fondamentale contributo che venne dato alla sua realizzazione dall’ingegnere Gino Costanzi, che ne fu il progettista.
La sua costruzione rientra nella storia abitativa della classe dirigente municipale fascista, iniziata nel 1921. Popolato dalle famiglie degli impiegati comunali, Palazzo Moroder-Costanzi divenne molto più che un insieme di abitazioni. L’edificio fu da subito luogo di socialità e di condivisione tra i condòmini. Una vera e propria comunità.
Palazzo Mengoni Ferretti
Viene costruito il palazzo dei conti Ferretti conglobando nelle strutture un tratto delle antiche mura duecentesche che fiancheggiavano l’attuale piazza. Probabilmente si tratta dell’ampliamento di un primitivo edificio eretto a ridosso della parte interne delle mura, ma non esiste documentazione che lo confermi. La nuova costruzione interessa anche l’antico fossato che entra a far parte dei piani seminterrati del palazzo.
Il palazzo viene rinnovato, probabilmente si tratta del completamento dell’apparato decorativo.
Viene edificato il piccolo corpo ovest, è probabile che si tratti della rifusione di una piccola unità (forse a schiera) già esistente, oppure della saturazione di un piccolo lotto rimasto inedificato.
La famiglia Ferretti vende il palazzo al Comune di Ancona.
Viene realizzata la torre libraria, su nove livelli, posta sul lato nord-ovest.
Loggia dei Mercanti
La Loggia dei Mercanti è simbolo dell’anima mercantile della città di Ancona. Situata in pieno centro, vicino al porto, è difficile non notarla, imponente come è e ricca di particolari decorativi. I mercanti vi trattavano i loro traffici.
Progettata dall’architetto Giovanni Pace nel 1442, la facciata esterna, in stile gotico veneziano, opera dell’architetto Giorgio da Sebenico, è aperta da tre archi; quattro colonne sono sormontate da statue che rappresentano la Speranza, la Fortezza, la Giustizia e la Carità. All’interno si trovano un grande salone e una parte seminterrata che ospita una saletta intitolata al pittore Pellegrino Tibaldi. Entrambi ospitano eventi ed incontri ed è da qualche tempo possibile celebrarvi matrimoni con rito civile.
Palazzo Camerata
Di originario impianto cinquecentesco, fu rinnovato nel Settecento senza subire particolari trasformazioni. Al piano terreno sono ancora apprezzabili vari elementi decorativi. La Facciata, incompiuta, è caratterizzata da un severo portale bugnato in pietra calcarea bianca come i cantonali. E’ uno dei pochissimi palazzi anconitani che abbiano conservato l’altana, costruzione a loggia sul tetto.
La famiglia Camerata, originaria della città di Bergamo, si era stabilita in Ancona nel Cinquecento e nel 1596, come si desume da un manoscritto dell’Albertini, aveva due “possidenze”, relative a due rami della famiglia. L’edificio è andato distrutto nei bombardamenti aerei subiti dalla città nel 1943-44. Il Maggiori (1821) e la Guida di Ancona del 1884 ne segnalavano la prestigiosa collezione di dipinti, dalla quale sono pervenuti alla Civica Pinacoteca “Francesco Podesti” l’Immacolata Concezione del Guercino e la replica dell’originale conservato nella Galleria Borghese di Roma, della Vergine col Bambino e San Giovannino, di Andrea del Sarto.
Palazzo Benincasa
Il palazzo, situato su via della Loggia, è sorto per volontà di Dionisio Benincasa, esponente di spicco di una delle più antiche famiglie di armatori e mercanti, fu costruito nel sec. XV da Giorgio di Matteo da Sebenico, già autore della Loggia dei Mercanti e delle facciate di San Francesco alle Scale e Sant’Agostino, che rese unitari gli affiancati edifici di proprietà della famiglia. Alzato su due piani, il retro affaccia direttamente sul porto, dove al pianterreno erano siti il fondaco, i magazzini e le cantine.
Nella seconda metà del sec. XVIII Palazzo Benincasa fu completamente rinnovato con la sopraelevazione di un piano, mentre fu inglobato l’edificio confinante con la Loggia dei Mercanti, nel quale vennero riprese le forme del corpo originario. Anche la facciata subì delle modifiche: vennero tolti i colonnini e i trafori delle finestre bifore per formarne altre rettangolari più piccole. La decorazione pittorica del piano nobile fu conclusa nel 1788 ad opera del pittore lombardo Giuseppe Pallavicini nelle stanze più importanti (oggi sede della biblioteca Amatori).
Il cantiere decorativo fu gestito da Giuseppe Benincasa, il quale rievoca la sua dotta cultura religiosa nella Stanza delle Beatitudini. È nella Stanza dell’Udienza che egli decide di celebrare la città, mostrando come ruoli di spicco della famiglia nell’amministrazione di Ancona ne abbiano favorito lo splendore. Si alternano vedute cittadine celebranti la grande ripresa settecentesca (tra cui il porto; il progetto della chiesa di San Domenico sulla base probabilmente dei disegni di Carlo Marchionni, vista la differenza con la facciata incompiuta odierna, piazza del Plebiscito) a soggetti simbolici e dalla complessa trama iconologica (Nuovo Testamento; Vecchio Testamento; cassoni ottagonali con scene mitologiche). Un’altra campagna decorativa ha interessato il palazzo 15 anni dopo, quasi certamente promossa da Stefano Benincasa, indirizzata verso l’autocelebrazione che arriva a inglobare una cineseria.
Il Palazzo Benincasa esempio quindi di palazzo tra tardo gotico e testimonianza dell’esigenza di rinnovamento grazie al benessere della famiglia e della città legato al commercio e alle attività marittime connesse con il porto: Pallavicini opera decorando una sala non con soggetti mitologici ma vedute della città a noi restituita prima dei disastri che vi si sono abbattuti e prima dei mutamenti del sec. XIX. Tra i collaboratori si segnalano Nicola Bertuzzi e Lorenzo Daretti per le scenografie.
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