ALTRE CHIESE

Santi Pellegrino e Teresa

Nell’area sorgeva l’antica chiesa medievale del SS. Salvatore (ornata dal maestro Filippo tra il 1213 e il 1224, già autore della facciata della chiesa di Santa Maria della Piazza), che fu demolita per la sua costruzione. Riedificata dal 1706 su progetto dell’architetto romano nonché padre carmelitano Giovan Battista Bartoli (1668-1741, autore del basamento della statua di Clemente XII) sulla preesistente medievale di S. Salvatore (rimane il Crocifisso in legno sull’altare maggiore: di gusto bizantineggiante risale al XII-XIII secolo, rappresenta il Christus triumphans). La chiesa nasce con precise dimensioni per incastonarsi nella piazza e legarsi ai palazzi preesistenti di epoche diverse: doveva quindi distinguersi per sottolineare funzione e importanza; la facciata funge quindi da raccordo tra cupola e piazza ed è volutamente più bassa rispetto ai palazzi laterali e senza gradini; è realizzata in cotto così come il portale e il cornicione. Chiesa a pianta centrale circolare inscritta in un ottagono con ampia cupola in rame: da otto finestre disposte lungo il tamburo e da quelle collocate sulla lanterna entra la luce che assume un valore importante nel valorizzare il volume interno dell’edificio. L’altare maggiore è quello più profondo dei due altari laterali per la presenza del coro. Trai i dipinti presenti dal 1746 circa, segnaliamo Ludovico Mazzanti Immacolata Concezione e i santi Gaetano e Giovanni dalla Croce mentre in alto l’Eterno benedicente e lo Spirito Santo. La cappella apparteneva alla famiglia napoletana dei Carafa.

Sull’altare maggiore c’è un dipinto di Michele Morelli di Ancona, Madonna con il Bambino e i SS. Pellegrino e Teresa, il dipinto raffigura S. Teresa che scrive la Regola sotto l’ispirazione divina alla presenza della Madonna del Carmelo e di S. Pellegrino (probabile aggiunta successiva); infine un Francesco Caccianiga (1759), Sposalizio di Maria è nella cappella realizzata da Vincenzo Pichi e dalla moglie Lucrezia Bonarelli.

I frati officiarono la chiesa fino al 2 gennaio 1798: in seguito all’occupazione francese, il convento annesso fu ridotto a caserma ed i beni in parte venduti. La chiesa, successivamente intitolata ai SS. Pellegrino e Teresa unendo così la memoria della Santa Fondatrice con il Martire di cui le ossa sono conservate nella stessa chiesa, venne restaurata per i danni causati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e dal terremoto del 1972. Sono qui conservate anche le reliquie di San Dasio, martire patrono della comunità ortodossa locale.

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CHIUSA per danni terremoto 2022

Santissimo Sacramento

Questa bellissima chiesa, fu concattedrale cittadina fino al 1986, prima dell’accorpamento dell’arcidiocesi di Ancona con la diocesi di Osimo. Si trova di fronte al Teatro delle Muse – “Franco Corelli”, vicinissima al porto della città.  

Eretta nel 1539, consacrata nel 1548 e ampliata nel 1583; di forme gotiche all’interno, di questo periodo conserva il portale (1583) e la navata maggiore. Nella iscrizione sopra al portale è documentata anche la stretta relazione che lega questa chiesa anconitana alla basilica di San Giovanni in Laterano.  

La chiesa venne quasi completamente ricostruita nella seconda metà del Settecento dall’architetto Francesco Maria Ciaraffoni di Fano seguace di Vanvitelli, dal 1771 al 1776, anche per soddisfare le esigenze della omonima confraternita di cui l’artista era membro insieme a Gioachino Varlè. Ciaraffoni allungò pareti e volte, introduce il transetto e la zona absidale conferendole l’attuale pianta a croce latina, dominata dall’ampia cupola. In questa occasione venne costruito il caratteristico campanile a due ordini con coronamento ad elica borrominiano, su esempio di Sant’Ivo alla Sapienza a Roma. Il coronamento, rimosso per i danni subiti dal terremoto del 1930 venne ricostruito nel secondo dopoguerra in modo non troppo fedele all’originale. Il campanile, molto amato dagli anconetani, costituisce uno degli elementi più caratteristici del panorama della città. 

La decorazione plastica è opera di Gioacchino Varlè: sono sue le statue degli apostoli e la Gloria che sovrasta la pala dell’altare maggiore intitolata L’istituzione dell’Eucarestia, realizzata da Francesco Caccianiga. Nei pennacchi della cupola sono accolti gli affreschi con i quattro evangelisti, dipinti da Francesco Podesti nel 1880. 

Tra i dipinti di Filippo Bellini, la Predicazione di San Giovanni Battista (fine sec. XVI); di Cesare Dandini (1595-1656), San Carlo e santi, transetto braccio destro e di Pasquale Ciaramponi (Treia, 1734-1792), Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele (prima cappella a destra).  

Una serie di quattro imponenti arazzi, eseguiti su cartoni di Pieter Paul Rubens, venne realizzata fra il 1632 e il 1650 circa dalla manifattura di Bruxelles per questa chiesa. Essi raffigurano i principali eventi religiosi e venivano esposti per pochi giorni l’anno in relazione alla liturgia, dettaglio che ne ha permesso una perfetta conservazione della vivacità dei colori, eccezionale per dei tessuti così antichi. Sono oggi conservati al Museo Diocesano cittadino e raffigurano: la Natività, l’’istituzione dell’Eucaristia, la Resurrezione di Cristo e l’Assunzione di Maria. 

A pochi metri, su Corso Stamira si segnala Palazzo Ajò, dalle forme severe, connotato da un lungo terrazzo continuo, è noto per le decorazioni con episodi dell’Antico Testamento in uno stile tra il Rococò e il Neoclassico attribuite a Giuseppe Pallavicini. Tra i soggetti il Sogno di Giuseppe e, in senso orario, da sinistra, Giosuè ferma il sole, Davide uccide Golia, Daniele nella fossa dei leoni, il sacrificio di Isacco Giaele uccide Sisara e Samuele che unge Re David. L’intervento fu commissionato dalla famiglia di ricchi commercianti Ajò, dal rilevante ruolo nella comunità ebrea anconetana, e il palazzo si trova infatti all’interno del vecchio ghetto. L’ipotesi è che l’architetto possa essere Francesco Maria Ciaraffoni.  

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La chiesa è ATTUALMENTE CHIUSA PER TERREMOTO 2022 

San Giovanni Battista

La chiesa dedicata a San Giovanni Battista si trova in uno dei rioni storici della città, quello di Capodimonte. Anticamente dedicata a san Claudio, prese il titolo attuale nel XVI secolo dopo la demolizione dell’antica abbazia di San Giovanni in Pennocchiara per la costruzione dell’attuale Cittadella e dell’annesso campo trincerato.

Nel 1950 l’architetto Eusebio Petetti progettò il ripristino dell’edificio, riportando alla luce gli elementi romanici occultati dal rifacimento settecentesco di Lorenzo Daretti. La direzione dei lavori fu affidata all’ingegner Angelucci, che purtroppo non fu fedele al progetto consegnatogli per la realizzazione; la cosa portò a vibranti proteste e ad una serie di articoli di giornale.

La chiesa conserva, dal 30 gennaio 1943, il corpo del beato Gabriele Ferretti, proveniente dalla soppressa chiesa di San Francesco ad Alto, affidato alla custodia di quegli stessi frati minori fra i quali il Beato Ferretti svolse tutto il suo servizio sacerdotale.

All’interno della chiesa sono custodite opere di grande valore artistico, come Ecce Homo di Federico Zuccari e una copia del dipinto di Carlo Crivelli Beato Gabriele Ferretti in estasi. L’originale si trovava nella chiesa di San Francesco ad Alto ed è ora alla National Gallery di Londra (in sacrestia).

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Sant’Agostino

Il complesso di S. Agostino prende il nome da un precedente edificio, sito nel rione Capodimonte e formato da una piccola chiesa ed una piccola abitazione che gli Agostiniani sostituiranno nel 1339, con il più grande complesso che erigeranno in luogo più centrale e di maggior capienza, e fu terminato verso la fine del sec. XV.

Dell’antica chiesa oggi resta solo il portale ad opera dell’artista dalmata Giorgio di Matteo da Sebenico (già autore delle facciate di San Francesco alle Scale e della Loggia dei Mercanti), in cui si fondono armonicamente elementi gotici e rinascimentali. Sono riconoscibili le statue che raffigurano Santa Monica e San Nicola da Tolentino, San Simpliciano e il Beato Agostino Trionfi. I lavori furono conclusi nel 1494 da Michele di Giovanni da Milano e Giovanni Veneziano.

Rinnovata nel 1764 da Luigi Vanvitelli, nell’ambito di un ampio intervento architettonico ed urbanistico che interessò la città adriatica a partire dal quarto decennio del sec. XVIII, fu allungata e completamente rifatta all’interno; con grande sensibilità, l’artista però risparmiò il prezioso portale quattrocentesco.

Dopo il 1860, con la secolarizzazione operata dall’Unità d’Italia, l’edificio venne profondamente modificato nei suoi esterni, con la separazione dell’area absidale per esigenze di viabilità, la troncatura del campanile, la ridefinizione dei prospetti in forma di palazzo quale sede della Caserma Cialdini, fino alla distruzione della facciata con sola salvaguardia del ricco portale e del portone ligneo inquadrato nel vano arcuato di una parete a finto bugnato.
Conseguentemente anche l’interno si presenta ora frazionato in piani e locali, con la completa ed irreversibile cancellazione delle orditure architettoniche vanvitelliane e la dispersione degli arredi fissi e mobili in altre chiese cittadine e del circondario. Alcuni dipinti qui presenti, ora sono esposti presso la Pinacoteca Civica “F. Podesti”: la Pala dell’Alabarda di Lorenzo Lotto e la Pala di Sant’Agostino (part.) di Andrea Lilli, mentre il Battesimo di Cristo di Pellegrino Tibaldi è invece attualmente in San Francesco alle Scale. A San Pietro martire, chiesa parrocchiale di Varano, frazione di Ancona, è ospitata la balaustra presbiterale in marmo del XVIII secolo (dal 1751).

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